Famiglia dove sei???

Famiglia dove sei???
Quando non divulghi le colpe dei fratelli, quando perdoni senza indagare nel passato, quando non condanni, ma intercedi nell'intimo, il silenzio è misericordia.

mercoledì 2 novembre 2011

Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi...

“La verità vi farà liberi” Cristianesimo e libertà




Partiamo e soffermiamoci su un testo importante della Parola di Dio sul tema della libertà su cui cercheremo di farne emergere il contenuto, che è la verità nel suo rapporto con la libertà. Il testo è tratto dal Vangelo di Giovanni, in cui c’è l’affermazione: “La verità vi farà liberi”, frase suggestiva, ma anche oscura.

(Gv 8, 31-47) Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!». Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio».

Occorre esplicitare questo difficile testo per far emergere il rapporto tra verità e libertà, per spiegare perché non esiste libertà se non nella verità. Questo è uno dei punti essenziali della rivelazione cristiana. Qui si coglie uno dei punti essenziali del ministero di Cristo.
Questo discorso è fatto da Gesù a quei giudei che avevano creduto il lui, cioè che avevano incominciato a seguirlo. Lascia perplessi il fatto che questi giudei che lo seguono abbiano poi il desiderio di ucciderlo. La cosa si può spiegare nel fatto che questi giudei, pur seguendo Gesù, sono diventati sempre più perplessi; le sue parole non avevano trovato spazio nel loro cuore; probabilmente avevano seguito qualche loro progetto che poi non si stava realizzando e stavano chiudendo il loro cuore a Gesù, convinti che Lui non poteva più continuare così. Avevano, senza accorgersene, regredito; erano entrati in una sorta di realtà a lui ostile.
Gesù si rivolge a queste persone così: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli». Si diventa discepoli di Gesù soltanto prendendo dimora nella sua parola, accogliendola nelle profondità del cuore, cioè con grande fiducia e disponibilità in Lui. Solo così si diventa suoi discepoli e questo permetterà di conoscere la verità. Questa verità renderà libero il discepolo.
Questi giudei, però, si sentono già liberi, non schiavi di nessuno, sono discendenza di Abramo, appartengono al popolo eletto; come poteva Gesù dir loro che sarebbero in questo modo diventare liberi?
Le frasi che consideriamo sono: «la verità vi farà liberi» e «diventerete liberi». Per diventare liberi occorre lasciare che qualcuno operi nei nostri confronti in modo tale da renderci liberi; il soggetto è la libertà.
Poniamoci ora la domanda: «Che cosa significa essere liberi?» La risposta del Vangelo e di Gesù rimanda a essere lasciati resi tali a partire dalla verità. Qui s’introduce il tema del peccato: «Chi fa il peccato è schiavo del peccato». E se uno è schiavo non potrà entrare a pieno titolo nella casa; solo se uno è figlio lo potrà fare. Gesù aggiunge: «Se però il Figlio vi renderà liberi, lo sarete davvero». La prima sensazione è che non c’è un rapporto tra queste due affermazioni, ma, meditando queste parole si acquista la sensazione che c’è un rapporto tra la verità e il Figlio. Si ha ancora la sensazione che la verità ha a che fare con l’appartenenza alla casa di Dio, al prendere dimora là dove Dio abita; più precisamente, fare esperienza della sua paternità; il Gesù dice, infatti: «Se il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi». Gesù parla anche della paternità di Dio, in quanto quegli ebrei avevano affermato di non essere figli di prostituzione, di avere un solo padre, Dio. Il tema della paternità di Dio si collega al tema della figliolanza da parte di Gesù. Gesù spiega loro che non stanno facendo l’esperienza della paternità di Dio, quella sola che consente di essere veramente liberi. Spiega a quei giudei che l’esperienza della loro vita li faceva comportare in un modo che testimoniava che non erano liberi. Che erano nella condizione di chi non si lascia liberare e condurre nell’esperienza di vivere pienamente nella libertà. Che cosa stavano facendo questi giudei? Gesù dice: «Chi commette peccato, è schiavo del peccato», quindi non è libero. Chi commette peccato, la forma della sua vita è nel peccato, potrebbe credere, illudersi, dichiarare di essere libero, ma non lo è realmente.
Qui occorre porsi l’altra domanda: «Che cos’è il peccato?» La risposta a “fare il peccato” è molto meno difficile di quella a “che cos’è il peccato?” Quando si dice che uno è schiavo del peccato che significa? Che è condizionato dal peccato oppure che fa il peccato perché già prima era schiavo del peccato? Il peccato è solo l’atto peccaminoso che compie, oppure è anche tutto ciò che lo precede? La parola “peccato” è solo il singolare della parola più usata “peccati”, oppure essa non s’identifica solo con la singola azione che si commette? Probabilmente è il secondo caso. Gesù a questo punto si concentra su questa parola “peccato” che a suo giudizio non è separabile dalla parola “libertà”. Gesù continua: «Voi fate ciò che avete udito dal padre vostro». Gesù denuncia, svela a quei giudei la situazione in cui si trovano, che avevano progettato di ucciderlo. A questa intenzione ingiusta, che cosa sta dietro? Essi erano già nel peccato, anche se non lo avevano ancora commesso. L’avere coltivato tale intenzione già li aveva posti in una realtà di schiavitù, anche nell’illusione di essere liberi. Questa intenzione omicida rimanda a una paternità oscura, tenebrosa e mortale, perché volevano uccidere un uomo che aveva detto la verità ascoltata presso il Padre. C’è una contraddizione tra due paternità, mentre si parla di Chi è veramente Figlio. Qual è l’altra paternità? Gesù spiega: «Voi fate le opere del padre vostro». Essi ribattono: «Il padre nostro è Dio». Quando tutto questo è portato al suo epilogo, Gesù dichiara: «Voi provenite da quel padre che è il diavolo; volete dare attuazioni ai desideri – letteralmente da greco: alle passioni – del padre vostro»; sono i desideri ispirati dalla volontà di potenza.
Il termine “diabolus” significa “colui che separa”; significa il contrario della comunione. Il diavolo è colui che taglia le relazioni; interviene a isolare l’uomo chiudendolo su se stesso e impedendogli di vivere le tre relazioni fondamentali: con Dio, con l’altro e con le cose. Fa in modo che l’uomo condivida le sue “passioni” che diventano passioni mortali, distruttive, rispondendo a quella logica di autodeterminazione, isolamento, egoismo, assolutizzazione del proprio io. È tipico del “diabolus” di tagliare tutti e legami e di trovarsi da solo. Questo fa il diavolo in ambito umano, che la persona, credendosi libera, si consegni liberamente, ma in realtà come schiavo, alle sue “passioni” che lo porta ad agire in modo distruttivo, in questo caso a uccidere.
Perché queste persone vogliono uccidere Gesù? Solo per antipatia? Lo vogliono, invece, per ragioni che essi stanno coltivando dentro di sé e che hanno una radice velenosa. Ciò che Gesù offriva era diametralmente all’opposto di ciò che essi continuavano a desiderare. Del diavolo si afferma che egli è fin dal principio omicida, cioè che ha come fine la morte dell’uomo e che il suo modo di procedere è quello della menzogna, è mentitore per definizione. È padre della menzogna, ma nello stesso tempo può diventare padre degli uomini. Fa impressione il fatto che Gesù usi il termine di paternità e lo applica al diavolo; gli uomini possono essere figli del diavolo. C’è una specie di analogia tra l’essere figli del Padre che sta nei cieli e l’essere figli del diavolo. Qui s’intuisce che chi è figlio del Padre che sta nei cieli, è veramente libero, chi è figlio del diavolo non lo è.
Come si fa a capire chi è figlio del diavolo? Ci interessano le sue caratteristiche. Di Giuda il vangelo di Giovanni dice che Satana entrò in lui. Giuda diventa un indemoniato, pur mantenendo il suo aspetto normale, pur non schiumando. Però Giuda diventa l’omicida; consegna Gesù per essere crocefisso. Giuda, adagio, adagio, era entrato in sintonia con ciò che è diabolico, creando le condizioni affinché questo avvenisse. Giuda è diventato sempre più come il diavolo, fino al punto di identificarsi. Si usa il termine “desiderio” che è la tensione cui l’io è portato a guardare tutto a partire da sé nella ricerca spasmodica che l’io fa, per cui tutte le relazioni che vive sono del tutto funzionali a se stesso; tutto questo va sotto il nome di “passioni”. Su questo tema hanno riflettuto lungamente i padri della Chiesa. Essi hanno identificato otto passioni che sono poi diventate sette nel catechismo di san Pio X. Le abbiamo chiamate “i setti vizi capitali”. In essi c’è la ricerca esasperata dell’io che condiziona il soggetto in modo da renderlo schiavo, lasciandogli la convinzione di essere libero. Per peccato s’intende, allora, quella condizione che non consente all’uomo di essere autenticamente se stesso, di essere inconsciamente l’opposto. Bisogno di qualcuno che faccia capire questo all’uomo e, contemporaneamente, che qualcuno lo riscatti da tutto questo, da questa paternità distruttiva che fa leva sulle passioni del cuore, all’enigmatica tendenza dell’io a fare le cose per sé, a partire da sé, a sentirsi l’unico soggetto, a considerarsi l’assoluto e quindi a ottenere come esito ultimo la morte nella superbia, avarizia, lussuria ira, accidia gola, invidia, nelle passioni fondamentali. In tutto questo l’uomo è reso somigliante a Satana senza che se ne accorga, mentre, per orgoglio, afferma di fare quello che vuole e impedisce ad altri, a Dio stesso, di suggerirgli ciò che deve fare. La stessa legge diventa impotente.
Ci si muove veramente nel rapporto tra verità e libertà. Dove sta la verità dell’esistere dell’uomo? Dove è destinato a essere sempre? L’uomo ha la possibilità di essere se stesso, di stare dove egli è effettivamente nella verità? Lo può nell’esperienza della figliolanza con Dio Padre.
La sensazione qui è che il termine “libertà” sia relativo e non assoluto. È il modularsi dell’uomo alla verità di se stesso. È il sintonizzarsi con Dio e operare di conseguenza in maniera autodeterminata. Questa è la libertà. Non è il fare quello che si vuole, ma il volere ciò che è vero con la propria intelligenza, volontà, capacità di decidere, perché Dio non obbliga e nello stesso tempo chiama a partire da una realtà che ha già donato.
Alla domanda che fa Pilato nel vangelo di Giovanni: «Tu sei re?», Gesù risponde confermando che è re, è nato e venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chi è nella verità ascolta la sua voce. Per capire in che senso Gesù è re bisogna chiamare in causa la verità ed anche per capire la verità bisogna chiamare in causa la sua regalità. Ma in che senso questa regalità chiama in causa la verità? Regalità significa che c’è un re che esercita il suo potere, è capace di custodire e difendere il suo popolo, di vincere anche contro i nemici. L’idea di regalità è quella di una potenza vittoriosa. Allora la verità è da intendersi nello stesso modo, non è una verità puramente filosofica, non è una dottrina. In Giovanni 14, 6 Gesù dice: «Io sono la via, la verità e la vita.» Lui è la verità. Se la verità ci farà liberi, significa che lo farà Lui. Lui dice: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Che significa “conoscere la verità?” Se essa fosse una dottrina, avrebbe significato lo studiarla; ma se non fosse una dottrina? Se la verità è la persona di Gesù, conoscere la verità non significa studiarla sui libri, ma accostare Gesù, creare un rapporto con Lui, ponendosi in suo ascolto, condividendo un’esperienza di vita con Lui come succede in ogni rapporto umano. Oggi noi possiamo accostare Gesù come ci accostiamo gli uni gli altri. La parola “verità”, dal greco andrebbe tradotta precisamente con il termine “rivelazione”. La frase andrebbe quindi tradotta cosi: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la rivelazione e questa rivelazione vi farà liberi». L’idea è quella di un segreto che viene comunicato, ma che ha in sé una potenzialità propria. Non è solo un far sapere, ma un comunicare, ove il soggetto è il Figlio. È un rivelare che è anche comunicare; il comunicare che il Figlio fa di se stesso agli uomini; ecco perché si parla di paternità, di paternità dignitosa che produce alle persone l’effetto di essere libere. La nostra libertà dipenderà dall’esperienza che facciamo della paternità di Dio e questa esperienza della paternità di Dio sarà possibile proprio attraverso quella rivelazione di essere figlio che Gesù ci dona. Condividendola, l’uomo ritrova se stesso e, lasciandosi ispirare da questa rivelazione che è in lui, che, essendo rivelazione regale, ha una propria potenza vittoriosa e rigenerante, l’uomo sarà portato ad agire conformemente al suo essere, in linea con quella comunione guadagnata del Figlio, con quella conoscenza del Padre, che poi gli impedirà di agire secondo le sue passioni e lo porterà a vivere pienamente e autenticamente puntando sulle relazioni, non più vivendo su di sé e auto-esaltandosi, ma aprendosi, dando piena espressione all’origine stessa del suo essere, del suo provenire da Dio. Saprà incontrare Dio, l’altro, le cose; tutto questo sarà compiuto a partire da ciò che è autentico in lui, che rimanda a quell’origine da cui proviene.
Questa verità è da intendersi come il comunicarsi del Figlio, che ha una potenza rigenerante, che riscatta l’uomo dalle illusorie pretese dell’affermazione dell’io che portano l’uomo all’annientamento di sé, mentre lo convincono del contrario.

Conclusioni:
  • Alla domanda: «Che cosa significa essere liberi?» si risponde che liberi si diventa.
  • Ci si può illudere di essere liberi; in realtà non lo si è affatto.
  • C’è un modo di agire, spesso inconsapevolmente distruttivo che si configura come l’assecondare le proprie passioni in vista di una presunta propria libertà e nella ricerca di una illusoria esperienza di vita. Cioè non è sufficiente dire: ” poiché io decido questo, dimostro di essere libero”; perché se quanto compio è una ricerca esasperata del mio io per assecondare le mie passioni, in questo modo io, pur partendo dalla mia libertà, mi dimostro schiavo.
  • Si aggiunge a questo quello che noi, con un termine non suo, abbiamo chiamato la “tentazione”. La tentazione fa parte dell’uomo così com’è. “Il demonio è menzognero fin dall’inizio”, cioè da quando l’uomo è quello che abbiamo conosciuto; esiste l’illusione di trovare la vita, mentre, in realtà, si va verso la morte. Il segreto del demonio è suscitare il desiderio; nella Genesi il demonio suscita il desiderio del frutto proibito: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?» Il desiderio è la tensione fortissima di mangiare dell’albero proibito; “sarete come Dio; si accorsero di essere nudi”.

Ci sono altri testi che trattano l’argomento verità e libertà, ma quello che abbiamo scelto colpisce per l’illusione della libertà, per la serietà del peccato. Il peccato rimanda alle passioni che portano al desiderio di glorificare se stessi per poi trasformarsi in una sorta d’isolamento totale in cui si vede solo il proprio io. Ancora: per evitare questo pericolo occorre lasciarsi raggiungere dalla rivelazione del Figlio entrando in sintonia con Lui. La potenza della manifestazione di bene di Dio si è svelata nella morte e risurrezione di Gesù. Si è svelata nel lasciarsi trafiggere di Gesù in mezzo a noi, in quel corpo da cui sono usciti quel sangue e quell’acqua. Quel corpo trafitto ha dietro un cuore, un’intenzione di amore nei confronti dell’umanità che ha svelato la paternità di Dio verso tutti gli uomini e che consente loro di ritrovarsi. Non si tratta di convincere teoricamente, ma di far percepire a una persona attraverso tutte le sue facoltà, non solo con passaggi razionali, la verità di quello che Lui è, il suo amore originario.
Questa paternità di Dio, rigenera l’uomo dalle sue passioni, lo guarisce e lo porta a desiderare, prima ancora di fare, ciò che è secondo Dio. In questo modo l’uomo si ritrova sempre più libero, capace di fare con convinzione secondo la verità di se stesso.
La verità per Gesù è l’attuarsi di ciò che è vero per l’uomo come una liberazione da parte di Dio.
L’uomo riceve questa continua rigenerazione, come grazia, tutto questo in dono nella realtà del Figlio, ma l’uomo deve consentire al dono di diventare realtà. Facendo questo l’uomo si accorge che la sua vita cambia e acquista la sua autenticità e si ritrova a non fare più ciò che prima non riusciva a non fare.
Al contrario chi, illudendosi di essere libero, fa scelte di schiavitù facendo il male. Crede di aver trovato la vita e invece sta morendo. Come si fa ad avvertire costui di quanto sta facendo? Non c’è altro modo che di offrirgli la liberazione. Fargli sentire la bellezza e la bontà di essere figlio di Dio in Cristo, offrirgli la testimonianza.
Verità, come comunicazione attraente che Dio fa all’uomo di se stesso cui è lasciata la libertà di acconsentire. Lasciar fare a Dio è la vera libertà che dà pienezza alla vera identità dell’uomo. Ascoltare la sua Parola potrebbe essere la forma per noi.

Nessun commento:

Posta un commento