ANNUNCIARE IL VANGELO
Annunciare il vangelo è un "servizio" reso alla
comunità cristiana e a tutta l’umanità. Le condizioni della società di oggi ci
obbligano tutti a rivedere i modi e i mezzi per portare all’uomo moderno il
messaggio cristiano.
Soltanto nel vangelo l’uomo può trovare la risposta ai suoi
interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana. Il patrimonio
della fede c’è: si tratta di presentarlo agli uomini del nostro tempo in modo
comprensibile e persuasivo. Il messaggio evangelico è necessario, unico e
insostituibile.
Bisogna tradurlo senza tradirlo, viverlo e proporlo agli
altri senza accomodamenti, annacquamenti e miscugli di vario genere.
Rappresenta la bellezza della rivelazione. Ha in sè una saggezza che non è di
questo mondo. È capace di suscitare la fede che poggia sulla potenza di Dio.
Esso è la verità. Merita che l’apostolo vi consacri tutto il suo tempo, tutte
le sue energie e vi sacrifichi, se è necessario, la propria vita.
Cristo evangelizzatore
"Gesù disse: Bisogna che io annunci il regno di Dio:
per questo sono stato mandato" (Lc 4,43); e applica a se stesso la frase
del profeta Isaia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me... e mi ha
mandato per annunziare ai poveri un lieto annunzio (= vangelo)" (cf.Is
61,1; Lc 4, 18).
Gesù passa di città in città per proclamare il vangelo del
regno di Dio: è lui il primo e più grande evangelizzatore di tutti i tempi. Il
regno di Dio annunciato da Gesù è così importante che ogni altra cosa diventa
"il resto" che è "dato in aggiunta".
(cf. Mt 6,33)
Nucleo centrale del vangelo: la salvezza, dono grande di
Dio, liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo, liberazione dal peccato e dal
maligno, gioia di conoscere Dio e di essere conosciuti da lui, di vederlo e di
abbandonarsi a lui.
Questo regno e questa salvezza ogni uomo può riceverli come
grazia e misericordia e, nello stesso tempo, deve conquistarli con la forza
(cf. Mt 11,12; Lc 16,16), con la fatica e la sofferenza, con una vita secondo
il vangelo, con la rinuncia e la croce, con lo spirito delle beatitudini, con
la conversione totale della mente e del cuore.
Questa proclamazione del regno di Dio, il Cristo la compie
mediante la predicazione instancabile di una parola che non
trova l’eguale: "dottrina nuova" (Mc 1,27),
"parole di grazia"
(Lc 4,22), "mai un uomo ha parlato come parla
quest’uomo!" (Gv 7,46).
Chiesa evangelizzatrice
Quelli che accolgono l’annuncio del vangelo si riuniscono
nel nome di Gesù per cercare insieme il regno di Dio, costruirlo, viverlo.
L’ordine dato agli Apostoli: "Andate, proclamate il vangelo" vale per
tutti i cristiani. L’annuncio del regno di Dio è per tutti gli uomini di tutti
i tempi. Chi lo ha accolto può e deve comunicarlo e diffonderlo.
Scriveva s. Paolo: "Per me evangelizzare è un dovere.
Guai a me se non predicassi il vangelo!" (1 Cor 9,16). Evangelizzare è la
missione essenziale della chiesa, la grazia e la vocazione propria della
chiesa, la sua identità più profonda.
La chiesa esiste per evangelizzare, per predicare e
insegnare, per essere il canale del dono della grazia, per riconciliare i
peccatori con Dio, per perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa messa.
La chiesa è nata dalla predicazione di Gesù e degli apostoli. "Coloro che
accolsero la parola furono battezzati e circa tremila si unirono ad essi... e
il Signore, ogni giorno, aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati"
(At 2, 41.47).
La chiesa evangelizzatrice comincia con l’evangelizzare se
stessa. Ha bisogno di ascoltare continuamente ciò che deve credere, sperare,
amare. Ha bisogno di conversione e di rinnovamento costanti se vuole
evangelizzare il mondo con credibilità.
La chiesa manda gli evangelizzatori a predicare, ma... non a
predicare se stessi, le proprie idee personali, ma il vangelo di cui né essi né
essa sono padroni e proprietari assoluti.
La chiesa e gli evangelizzatori sono servitori del vangelo
per trasmetterlo con estrema fedeltà. Cristo ha dato alla sua chiesa il mandato
(= incarico, missione) di evangelizzare.
Questo mandato non si adempie senza di essa, né, tanto meno,
contro di essa. Qualcuno dice: Io amo Cristo, ma non la chiesa; io ascolto
Cristo, ma non la chiesa; io voglio appartenere a Cristo, ma fuori dalla
chiesa.
È impossibile e assurdo tentare di separare Cristo dalla sua
chiesa. Gesù ha detto: "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi
disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Lc
10, 16). Paolo ha scritto: "Egli (Cristo) ha amato la Chiesa e ha dato se
stesso per lei" (Ef 5,25). S. Cipriano afferma: "Non può avere Dio
per padre chi non ha la chiesa per madre" (Cipriano, Sull’unità della
chiesa cattolica, 6,8).
Che cosa significa evangelizzare
Evangelizzare è portare il lieto annuncio della salvezza a
tutti gli strati dell’umanità, per trasformarla dal di dentro e renderla nuova.
Ma non c’è umanità nuova se prima non ci sono uomini nuovi.
Questa novità nasce dal battesimo e dalla vita secondo il vangelo. La chiesa
evangelizza in modo vitale, in profondità, fino alle ultime radici, la cultura
e le culture dell’uomo.
Il vangelo è proclamato mediante la testimonianza della
vita. A questa testimonianza tutti i cristiani sono chiamati e possono essere,
sotto questo aspetto, dei veri evangelizzatori.
Questa testimonianza, tuttavia, si rivelerà impotente se non
è illuminata, giustificata e esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile
del Signore Gesù. La buona novella proclamata dalla testimonianza di vita dovrà
essere, presto o tardi, annunciata dalla parola di vita.
Non c’è vera evangelizzazione se non sono proclamati il
nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di
Nazaret, figlio di Dio.
La chiesa ha un grande desiderio di evangelizzare. I
problemi che 1’assillano sono: chi inviare ad annunciare il mistero di Gesù?
Che linguaggio usare per farsi capire? Come fare perché l’annuncio arrivi a
tutti quelli che lo devono ascoltare?
L’annuncio deve essere capito, accolto, assimilato. Deve
suscitare l’adesione del cuore alla verità e al programma di vita che esso
propone.
Adesione al regno, cioè al "mondo nuovo", al nuovo
stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che
il vangelo inaugura. Una tale adesione non può restare astratta o disincarnata,
ma si rivela concretamente mediante un ingresso visibile nella comunità dei fedeli,
la chiesa, sacramento universale di salvezza.
Chi è stato evangelizzato a sua volta evangelizza. Qui è la
prova della verità. È impensabile che un uomo abbia accolto la parola e si sia
dato al regno di Dio senza diventare a sua volta testimone e annunciatore della
parola e del regno.
In sintesi. Evangelizzare è:
rinnovamento dell’umanità,
testimonianza di vita,
annuncio esplicito,
adesione del cuore,
ingresso nella comunità,
accoglimento dei sacramenti,
iniziative di apostolato.
Questi elementi non sono in contrasto tra di loro, ma sono
complementari e si arricchiscono a vicenda.
Contenuto dell’evangelizzazione
Evangelizzare è testimoniare Dio rivelato da Gesù Cristo
nello Spirito Santo. Testimoniare che, nel suo Figlio, Dio ha amato il mondo,
ha dato l’esistenza a tutte le cose e ha chiamato gli uomini alla vita eterna.
Per l’uomo, il creatore non è una parola anonima e lontana: è il Padre.
"Siamo chiamati figli di Dio e lo siamo realmente" (1 Gv 3,1).
E siamo fratelli gli uni gli altri in Dio. In Gesù Cristo,
Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni
uomo come dono di grazia e misericordia di Dio stesso. Questa salvezza
oltrepassa tutti i limiti della vita presente e si realizza in Dio, ha inizio
in questa vita, ma si compie nell’eternità. Il nucleo del vangelo è:
proclamazione dell’amore di Dio verso di noi e del nostro amore verso di lui,
predicazione dell’amore fraterno per tutti gli uomini, capacità di dono, di
perdono, di abnegazione e di aiuto ai fratelli, predicazione del mistero del
male e della ricerca attiva del bene, predicazione della ricerca di Dio
attraverso la preghiera e i sacramenti, segni del Cristo vivente e operante
nella chiesa.
L’incontro con Cristo nei sacramenti è il completamento
naturale, il punto di arrivo dell’evangelizzazione. Evangelizzare è impiantare
la chiesa. La chiesa non esiste senza la vita sacramentale culminante
nell’eucaristia.
Il vangelo coinvolge la vita concreta, personale e sociale
dell’uomo. L’evangelizzazione è un messaggio esplicito, costantemente
aggiornato e applicato, sui diritti e sui doveri di ogni persona umana, sulla
vita familiare, sulla vita comune nella società, sulla vita internazionale, la
pace, la giustizia, lo sviluppo, la liberazione.
Fa parte dell’evangelizzazione annunziare la liberazione di
milioni di esseri umani da carestie, analfabetismo, pauperismo, ingiustizia nei
rapporti internazionali (specialmente negli scambi commerciali), da situazioni
di neo-colonialismo economico e culturale talvolta crudele quanto l’antico
colonialismo politico. Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami
profondi. L’uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma condizionato da
questioni sociali e economiche.
Non si può dissociare il piano della creazione da quello
della redenzione. Non si può proclamare il comandamento nuovo (amore verso il
prossimo) senza promuovere l’autentica crescita dell’uomo nella giustizia e
nella pace vera. Sarebbe dimenticare la lezione che ci viene dal vangelo
sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso.
Tuttavia bisogna affermare chiaramente la finalità
specificamente religiosa dell’evangelizzazione: il regno di Dio prima di ogni
altra cosa. La liberazione annunciata dall’evangelizzazione non può
limitarsi alla semplice dimensione economica, politica, sociale e culturale, ma
deve mirare all’uomo tutto intero in ogni sua dimensione, compresa la sua
apertura verso l’assoluto di Dio.
La chiesa non circoscrive la sua missione al solo campo
religioso, disinteressandosi dei problemi dell’uomo, ma afferma il primato
della sua vocazione spirituale. Il suo contributo alla liberazione è incompleto
se trascura di annunciare la salvezza in Cristo. La chiesa collega ma non
identifica mai liberazione umana e salvezza in Cristo; sa che non basta
instaurare la liberazione, cercare il benessere e lo sviluppo, perché venga il
regno di Dio.
La chiesa ritiene importante e urgente edificare strutture
più umane, più giuste, più rispettose dei diritti della persona, meno
oppressive e meno coercitive, ma sa anche che le migliori strutture, i sistemi
meglio idealizzati diventano presto inumani se le inclinazioni inumane del
cuore dell’uomo non vengono risanate, se non c’è una conversione del cuore e
della mente di coloro che vivono in queste strutture e le dominano.
La chiesa non può accettare la violenza, la forza delle armi
né la morte di nessuno come cammino di liberazione, perché sa che la violenza
chiama sempre violenza e genera irresistibilmente nuove forme di oppressione e
di schiavitù più pesanti di quelle dalle quali essa pretendeva liberare.
"Vi esortiamo a non mettere la vostra fiducia nella
violenza né nella rivoluzione; tale atteggiamento è contrario allo spirito
cristiano e può anche ritardare e non favorire l’elevazione sociale alla quale
legittimamente aspirate"; "dobbiamo dire e riaffermare che la
violenza non è né cristiana né evangelica e che i mutamenti bruschi o violenti
delle strutture sarebbero fallaci e inefficaci in se stessi e certamente non
conformi alla dignità del popolo" (Paolo VI; 22-23 agosto 1968).
La chiesa cosa fa in concreto? Suscita numerosi cristiani
che si dedichino alla liberazione degli altri; offre loro una ispirazione di
fede, una motivazione di amore fraterno, un insegnamento sociale da tradurre
sapientemente in azione, partecipazione e impegno.
La chiesa si sforza di inserire sempre la lotta cristiana
per la liberazione nel disegno globale della salvezza che essa annuncia:
liberazione che Cristo ha donato all’uomo mediante il suo sacrificio.
La libertà religiosa occupa un posto di primaria importanza
tra i diritti fondamentali dell’uomo.
Le vie dell’evangelizzazione
Occorre ricercare con audacia e saggezza i modi più adatti e
più efficaci per comunicare il vangelo agli uomini del nostro tempo. Primo
mezzo di evangelizzazione: testimonianza di vita autenticamente cristiana.
L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri. Se
ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni.
La chiesa evangelizza con la sua testimonianza di santità
vissuta. Non sottovalutiamo tuttavia l’importanza e la necessità della
predicazione.
La fede dipende dalla predicazione della parola di Dio: la
predicazione è sempre indispensabile.
La stanchezza che provocano ai nostri giorni tanti discorsi
vuoti non deve far diminuire la forza della parola né far perdere la fiducia in
essa.
La parola resta sempre attuale, soprattutto quando è
portatrice della potenza di Dio (Cf. 1 Cor 2,1-5). Per questo resta ancora
attuale la frase di s. Paolo: "La fede dipende dalla predicazione"
(Rm 10,17). La parola ascoltata porta alla fede.
L’omelia è strumento valido e adattissimo di
evangelizzazione purché esprima la fede profonda di chi predica e sia
impregnata d’amore. L’omelia deve essere: semplice, chiara, diretta, adatta,
profondamente radicata nell’insegnamento evangelico e fedele all’insegnamento
della chiesa, animata da ardore apostolico, piena di speranza, nutriente per la
fede, generatrice di pace e di unità.
L’insegnamento catechetico e l’insegnamento religioso
sistematico non devono rimanere solo a livello intellettuale, ma devono formare
abitudini di vita cristiana.
Bisogna preparare buoni catechisti preoccupati di
perfezionarsi in questa arte superiore. Le condizioni attuali rendono sempre
più urgente l’insegnamento catechetico sotto forma di catecumenato per numerosi
giovani e adulti che, toccati dalla grazia, scoprono a poco a poco il volto di
Cristo e provano il bisogno di donarsi a lui.
L’evangelizzazione non può fare a meno dei mezzi di
comunicazione sociale: servendosi di essi, la chiesa "predica sui
tetti" (cf. Mt 10, 26) e riesce a parlare alle moltitudini.
La trasmissione del vangelo da persona a persona mantiene
sempre la sua validità e importanza (cf. conversazioni di Gesù con Nicodemo,
Zaccheo, la samaritana...).
Attraverso il sacramento della penitenza, il dialogo
personale, la direzione spirituale, i sacerdoti guidano le persone nelle vie
del vangelo. L’evangelizzazione manifesta tutta la sua ricchezza quando crea un
rapporto intimo tra parola di Dio e sacramenti. Tra evangelizzazione e
sacramenti non c’è contrapposizione.
Il compito dell’evangelizzazione è precisamente quello di
educare alla fede in modo che essa conduca il cristiano a vivere i sacramenti
come veri sacramenti della fede e non a riceverli passivamente senza capirne il
significato, privandoli così in gran parte, della loro efficacia.
La pietà popolare è ricca di valori, ma ha certamente dei
limiti. Resta spesso a livello di manifestazione di culto senza impegnare a una
autentica adesione di fede.
Ben orientata, può essere un vero incontro con Dio in Gesù
Cristo per le masse popolari. Essa manifesta una sete di Dio che solo i
semplici e i poveri possono conoscere.
Destinatari dell’evangelizzazione
Le ultime parole di Gesù nel vangelo di Marco: "Andate
in tutto il mondo a predicare il vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15)
conferiscono alla evangelizzazione una universalità senza frontiere.
I primi cristiani hanno ben compreso la lezione di questo
testo e di altri simili e ne hanno fatto un programma di azione.
La stessa persecuzione (cf. At 8,1) ha contribuito a disseminare
la Parola e a far impiantare la chiesa in regioni più lontane.
Oggi l’opera evangelizzatrice della chiesa è fortemente
contrastata e impedita dai poteri pubblici. Annunciatori della
parola di Dio sono privati dei loro diritti, perseguitati, minacciati,
eliminati per il solo fatto di predicare Gesù Cristo e il suo vangelo.
Nonostante tali avversità, la chiesa ravviva la sua ispirazione più profonda
che le viene direttamente dal Maestro: A tutto il mondo! A tutte le creature!
Fino agli estremi confini della terra!
Fin dal mattino della Pentecoste il programma fondamentale
della chiesa è stato questo: rivelare Gesù Cristo e il suo vangelo a quelli che
non li conoscono.
A causa di situazioni di scristianizzazione frequenti ai
nostri giorni questo primo annuncio (Kerygma) si dimostra sempre più necessario
per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono
completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una
certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il
bisogno di conoscere Gesù in una luce diversa dall’insegnamento ricevuto nello
loro infanzia, e per molti altri.
Le religioni non cristiane portano in sé l’eco di millenni
di ricerca di Dio. Posseggono un patrimonio impressionante di testi
profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare.
Sono ricche di "germi del Verbo" e possono essere un’autentica
preparazione al vangelo.
L’incontro dei missionari di oggi e di domani con le
religioni non cristiane suscita questioni complesse e delicate. Tuttavia, né il
rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei problemi
sollevati, sono per la chiesa un invito a tacere l’annuncio di Cristo di fronte
ai non cristiani.
Al contrario la chiesa pensa che queste moltitudini hanno il
diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo (cf. Ef 3,8) nella
quale tutta l’umanità può trovare tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio,
sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità.
La religione di Gesù mette oggettivamente l’uomo in rapporto
con Dio. La nostra religione instaura effettivamente con Dio un rapporto
autentico e vivente che le altre religioni non riescono a stabilire. Per questo
la chiesa mantiene vivo lo slancio missionario e vuole intensificarlo nel
nostro momento storico. Si sente responsabile di fronte a popoli interi. Lo
slancio apostolico non è esaurito, l’epoca delle missioni non è tramontata.
L’annuncio missionario non si inaridisce. La chiesa sarà sempre tesa verso il
suo adempimento.
La chiesa non si sente dispensata da una attenzione
altrettanto infaticabile nei confronti di coloro che hanno ricevuto la fede e
che da generazioni sono a contatto con il vangelo. Essa cerca di approfondire,
consolidare, nutrire, rendere sempre più matura la fede di coloro che si dicono
già fedeli e credenti, perché lo siano maggiormente.
Questa fede è oggi posta a confronto con il secolarismo e
l’ateismo, esposta a prove e minacciata, assediata e combattuta. Essa rischia
di perire per asfissia o per inedia se non è continuamente animata e sostenuta.
Nel mondo moderno aumenta la non credenza e il secolarismo.
Il secolarismo è una concezione del mondo nella quale questo si spiega da sé
senza che ci sia bisogno di ricorrere a Dio, divenuto in tal modo superfluo e
ingombrante. Per riconoscere il potere dell’uomo si finisce col fare a meno di Dio
e anche col negarlo. Nuove forme di ateismo - ateismo antropocentrico, non più
astratto o metafisico ma pragmatico, programmatico e militante sembrano
derivarne. In connessione con questo secolarismo ateo, ci vengono proposti
tutti i giorni, sotto le forme più svariate, la civiltà dei consumi, l’edonismo
elevato a valore supremo, la volontà di potere e di dominio, discriminazioni di
ogni tipo: altrettante inclinazioni inumane di questo umanesimo. In questo
mondo moderno non si può negare l’esistenza di vari addentellati cristiani, di
valori evangelici, per lo meno sotto forma di vuoto o di nostalgia. Non sarebbe
esagerato parlare di una possente e tragica invocazione ad essere
evangelizzato.
I non praticanti (un gran numero di battezzati) non hanno
rinnegato formalmente il loro battesimo ma ne sono completamente al margine e
non lo vivono. Il fenomeno dei non praticanti è molto antico nella storia del
cristianesimo, è legato ad una debolezza naturale, ad una profonda incoerenza
che, purtroppo, ci portiamo dentro. Esso presenta oggi delle caratteristiche
nuove. Si spiega mediante gli sradicamenti tipici della nostra epoca e nasce
dal fatto che i cristiani vivono a fianco dei non credenti e ne ricevono i
contraccolpi della non credenza. I non praticanti contemporanei cercano di
spiegare e giustificare la loro posizione in nome di una religione interiore,
dell’autonomia e dell’autenticità personali. Atei e non credenti da una parte,
non praticanti dall’altra, oppongono all’evangelizzazione resistenze non trascurabili.
Atei e non credenti oppongono la resistenza di un certo
rifiuto, l’incapacità di cogliere il nuovo ordine delle cose, il nuovo senso
del mondo, della vita, della storia che non è possibile se non si parte
dall’assoluto di Dio.
I non praticanti oppongono la resistenza dell’inerzia,
l’atteggiamento un po’ ostile di qualcuno che si sente di casa, che afferma di
sapere tutto, di aver gustato tutto, di non credere più. Secolarismo ateo e
assenza di pratica religiosa si trovano presso gli adulti e presso i giovani,
presso l’élite e nelle masse, in tutti i settori culturali, nelle antiche come
nelle giovani chiese.
L’azione evangelizzatrice della chiesa non può ignorare
questi due mondi né arrestarsi davanti ad essi, deve cercare costantemente i
mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di
Dio e la fede in Gesù Cristo.
La chiesa vede davanti a sé un’immensa folla umana che ha
bisogno del vangelo e vi ha diritto perché Dio "vuole che tutti gli uomini
siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4). Sa di
avere il dovere di predicare la salvezza a tutti. Sa che il messaggio
evangelico non è riservato a un piccolo gruppo di eletti, ma è destinato a
tutti. La chiesa fa propria l’angoscia di Cristo di fronte alle folle sbandate
e sfinite "come pecore senza pastore" e ripete spesso la sua parola:
"Sento compassione di questa folla" (Mt 9,36;15,32).
La chiesa è cosciente che per l’efficacia della predicazione
evangelica nel cuore delle masse deve indirizzare il suo messaggio a comunità
di fedeli la cui azione può e deve giungere agli altri. Queste comunità di
fedeli o "comunità ecclesiali di base" (movimenti, gruppi
spontanei...) saranno un luogo di evangelizzazione e una speranza per la chiesa
universale nella misura in cui: cercano il loro alimento nella parola di Dio e
non si lasciano imprigionare dalle ideologie di moda; evitano la contestazione
sistematica e lo spirito ipercritico; restano fedelmente attaccate alla chiesa
locale e universale, evitando così il pericolo di isolarsi in se stesse, di
credersi l’unica chiesa di Cristo; conservano una sincera comunione con i
pastori che il Signore dà alla sua chiesa e col magistero che lo Spirito di
Cristo ha loro affidato; non si considerano l’unico destinatario o l’unico
artefice di evangelizzazione o l’unico depositario del vangelo, ma, consapevoli
che la chiesa è molto più vasta e diversificata, accettano che questa chiesa si
incarni anche in modi diversi da quelli che avvengono in esse; crescono ogni
giorno in consapevolezza, zelo, impegno e irradiazione missionari; si mostrano
universalistiche e non settarie.
A queste condizioni "le comunità ecclesiali di
base" corrisponderanno alla loro fondamentale vocazione: ascoltatrici del
vangelo e destinatarie privilegiate dell’evangelizzazione, diventeranno
annunciatrici del vangelo.
Operai dell’evangelizzazione
Alla chiesa per "mandato divino incombe l’obbligo di
andare nel mondo universo a predicare il vangelo ad ogni creatura" (Conc.
Vat.II). "Tutta la chiesa è missionaria e l’opera evangelizzatrice è un
dovere fondamentale del popolo di Dio" (Conc. Vat. II).
Evangelizzare non è mai stato un atto individuale e isolato,
ma profondamente ecclesiale. Quindi nessun evangelizzatore è padrone assoluto
della propria azione evangelizzatrice, ma deve compierla in comunione con la
chiesa e con i suoi pastori.
Il Signore ha voluto la sua chiesa universale senza confini
e senza frontiere. Il cristiano deve avere piena coscienza di appartenere ad
una grande comunità che né lo spazio né il tempo possono limitare.
Non può quindi limitare i suoi orizzonti al suo gruppo, alla
sua parrocchia, alla sua diocesi: cattolico vuol dire universale.
Il papa e i vescovi hanno il dovere e il diritto, per primi,
di predicare e di far predicare il vangelo della salvezza.
Al papa e ai vescovi sono associati, come responsabili a
titolo speciale, i sacerdoti e i diaconi. Più di qualunque altro membro della
chiesa sono invitati a prendere coscienza di questo dovere!
I religiosi trovano nella loro vita consacrata un mezzo
privilegiato per una evangelizzazione efficace.
Sono testimoni della santità della chiesa. Questa
testimonianza è al primo posto in ordine all’evangelizzazione. Essi hanno dato
e continuano a dare un apporto immenso all’evangelizzazione. Proprio per la
loro consacrazione religiosa, sono volontari e liberi per lasciare tutto e
andare ad annunziare il vangelo fino ai confini del mondo. Sono intraprendenti.
Il loro apostolato è contrassegnato da originalità e
genialità che costringono all’ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso
agli avamposti della missione e assumono i più grandi rischi per la loro salute
e per la loro stessa vita.
I laici devono esercitare una forma singolare di
evangelizzazione. Devono mettere in atto tutte le possibilità cristiane e
evangeliche nascoste, ma presenti e operanti nella realtà del mondo.
Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il
mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia,
della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli
strumenti di comunicazione sociale, di quelle realtà particolarmente aperte
all’evangelizzazione come l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e
degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza.
Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico,
responsabili di queste realtà e impegnati in esse, competenti nel promuoverle e
consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana, spesso tenuta
nascosta e soffocata, tanto più queste realtà si troveranno al servizio della
edificazione del regno di Dio e della salvezza in Gesù Cristo.
La famiglia ha ben meritato durante tutta la storia della
chiesa la bella definizione di "chiesa domestica" (Lumen Gentium 11).
In ogni famiglia cristiana dovrebbero riscontrarsi i diversi aspetti della
chiesa intera.
La famiglia è una realtà nella quale il vangelo viene
trasmesso e da cui il vangelo si irradia. Nell’intimo di una famiglia cosciente di
questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati.
I genitori comunicano il vangelo ai figli e ricevono dai
figli lo stesso vangelo profondamente vissuto. Una simile famiglia diventa
evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita.
Le circostanze ci invitano a rivolgere una attenzione tutta
speciale ai giovani. Il loro aumento numerico, la loro presenza crescente nella
società, i problemi che li assillano devono risvegliare in tutti la
preoccupazione di offrire loro, con zelo e con intelligenza, 1’ideale
evangelico da conoscere e da vivere.
Occorre che i giovani, ben formati nella fede e nella
preghiera diventino sempre più gli apostoli della gioventù. La chiesa fa molto
affidamento su di loro e manifesta fiducia verso di essi. La presenza attiva
dei laici nelle realtà del mondo è importante, ma non bisogna dimenticare
l’altra dimensione: i laici possono sentirsi chiamati o essere chiamati a
collaborare con i pastori nel servizio della comunità ecclesiale esercitando
ministeri diversissimi.
Accanto ai ministri ordinati (vescovi, preti, diaconi, che
hanno ricevuto il sacramento dell’ordine) la chiesa riconosce il ruolo di
ministri non ordinati, per esempio quelli di catechista, di animatori della
preghiera e del canto, di servizio alla parola di Dio, di assistenza ai
fratelli bisognosi, di capi di piccole comunità, di responsabili di movimenti
apostolici...
La chiesa ha in particolare stima tutti i laici che
accettano di consacrare una parte del loro tempo, delle loro energie e,
talvolta, la loro vita intera, al servizio delle missioni.
Per tutti gli operai della evangelizzazione è necessaria una
seria preparazione, soprattutto per coloro che si dedicano al ministero della
parola. L’arte di parlare ha una grandissima importanza.
Questa seria preparazione accrescerà la sicurezza
indispensabile, ma anche l’entusiasmo per annunciare Gesù Cristo oggi.
Lo Spirito dell’evangelizzazione
L’evangelizzazione non sarà mai possibile senza l’azione
dello Spirito Santo. Gesù ha iniziato la sua predicazione "con la potenza
dello Spirito" (Lc 4,14).
Soltanto dopo la discesa dello Spirito Santo gli apostoli
partono verso tutte le direzioni del mondo per cominciare la grande opera di
evangelizzazione della chiesa.
Lo Spirito Santo che fa parlare Pietro, Paolo e gli altri
apostoli, discende anche " sopra tutti coloro che ascoltavano il
discorso" (At 10,44). Lo Spirito è l’anima della chiesa.
È lui che oggi come agli inizi della chiesa, opera in ogni
evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le
parole che da solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo
l’animo di chi ascolta perché si apra ad accogliere il vangelo e il regno. Le
tecniche dell’evangelizzazione sono buone, ma non possono sostituire l’azione
dello Spirito.
Anche la preparazione più raffinata dell’evangelizzatore non
opera nulla senza di lui. Noi stiamo vivendo nella chiesa un momento privilegiato
dello Spirito. Si cerca da per tutto di conoscerlo meglio, quale è rivelato
dalle Scritture. Si è felici di mettersi sotto la sua mozione. Ci si raccoglie
attorno a lui e ci si vuol lasciare guidare da lui.
Lo Spirito di Dio ha un posto eminente in tutta la vita
dalla chiesa, ma agisce soprattutto nella missione evangelizzatrice: non a caso
il grande inizio dell’evangelizzazione avvenne il mattino di Pentecoste, sotto
il soffio dello Spirito.
Lo Spirito è l’agente principale dell’evangelizzazione e il
termine dell’evangelizzazione: egli solo suscita la nuova creazione, l’umanità
nuova con quella unità nella varietà che l’evangelizzazione tende a provocare
nella comunità cristiana. Per mezzo di lui il vangelo penetra nel cuore del
mondo. Il ruolo dello Spirito Santo è fondamentale: bisogna studiare meglio la
natura e il modo di agire dello Spirito Santo nell’odierna evangelizzazione.
Gli evangelizzatori preghino incessantemente lo Spirito
Santo con fede e fervore, si lascino prudentemente guidare da lui quale
ispiratore decisivo dei loro programmi e delle loro iniziative, della loro
attività evangelizzatrice.
Consideriamo ora la persona stessa degli evangelizzatori. Si
ripete spesso che il nostro secolo ha sete di autenticità. Dei giovani si dice
che hanno orrore del fittizio, del falso e ricercano la verità e la
trasparenza. Tacitamente o con alte grida, ma sempre con forza ci domandano:
Credete veramente a quello che annunciate? Vivete quello che credete? Predicate
veramente quello che vivete?. La testimonianza della vita è diventata più che
mai una condizione essenziale per l’efficacia profonda della predicazione.
Bisogna che il nostro zelo per l’evangelizzazione scaturisca
da una vera santità di vita e che la predicazione, alimentata dalla preghiera e
dall’amore all’eucaristia, faccia crescere in santità colui che predica.
Il mondo reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio
che essi conoscono, che è loro familiare, come se vedessero l’invisibile (cf.
Eb 11,27). Il mondo esige e aspetta da noi semplicità di vita, spirito di
preghiera, carità verso tutti specialmente verso i piccoli e i poveri,
ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia. Senza questo
contrassegno della santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada
nel cuore dell’uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda.
La forza dell’evangelizzazione risulterà molto diminuita se
coloro che annunziano il vangelo sono divisi tra di loro da tante specie di
rottura. Questo è uno dei grandi malesseri dell’evangelizzazione oggi. Se il
vangelo che proclamiamo appare lacerato da discussioni dottrinali, da
polarizzazioni ideologiche e da condanne reciproche tra cristiani in balia
delle loro diverse teorie sul Cristo e sulla chiesa e anche a causa delle loro
diverse concezioni sulla società e le istituzioni umane, come potrebbero coloro
a cui è rivolta la nostra predicazione non sentirsene turbati, disorientati,
scandalizzati? Il testamento spirituale del Signore ci dice che l’unità tra i
suoi seguaci non è soltanto la prova che noi siamo suoi, ma anche che egli è
l’inviato del Padre, criterio di credibilità dei cristiani e di Cristo stesso.
Gli evangelizzatori devono offrire una immagine di persone
mature nella fede, capaci di trovarsi insieme al di sopra delle tensioni
concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità.
La sorte dell’evangelizzazione è legata alla testimonianza
di unità data dalla chiesa. La divisione tra i cristiani è un grave stato di
fatto che arriva a intaccare la stessa opera di Cristo: "Essa è di grave
pregiudizio alla santa causa della predicazione del vangelo a tutti gli uomini
e impedisce a molti di abbracciare la fede" (Conc. Vat. II, Att. Miss. d.
Chiesa, 6).
"La riconciliazione di tutti gli uomini con Dio, nostro
Padre, dipende dal ristabilimento della comunione di coloro che già hanno
conosciuto e accolto nella fede Gesù Cristo come Signore della misericordia che
libera gli uomini e li unisce nello Spirito di amore e di verità" (Bolla
"Apostolorum Limina". Paolo VI 1974).
Il vangelo è parola di verità. Una verità che rende liberi
(cf. Gv 8, 32) e che sola può donare la pace del cuore. Questo cercano gli
uomini quando annunziamo la buona novella: verità su Dio, verità sull’uomo e
sul suo destino misterioso, verità sul mondo. Da ogni evangelizzatore ci si
attende che abbia il culto della verità. Il predicatore del vangelo sarà dunque
colui che, anche a prezzo della rinuncia personale e della sofferenza, ricerca
sempre la verità che deve trasmettere agli altri.
Egli non tradisce né dissimula mai la verità per piacere
agli uomini, per stupire o sbalordire, né per originalità o desiderio di
mettersi in mostra. Egli non rifiuta la verità; non offusca la verità rivelata
per pigrizia nel cercarla, per comodità o per paura. Non trascura di studiarla;
la serve generosamente senza asservirla.
L’opera dell’evangelizzazione suppone nell’evangelizzatore
un amore fraterno sempre crescente verso coloro che egli evangelizza.
L’apostolo Paolo, modello di ogni evangelizzatore, scriveva: "Così
affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la
nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari" (1 Ts 2,8). Affetto
non tanto di pedagogo, ma di padre e di madre (cf. 1 Ts 2,7.11; 1 Cor 4,15; Gal
4,19).
Un segno di amore, oltre al rispetto dell’altro, sarà lo
sforzo di trasmettere ai cristiani non dubbi e incertezze nati da una
erudizione male assimilata, ma alcune certezze solide, ancorate alla parola di
Dio.
I fedeli hanno bisogno di queste certezze per la loro vita cristiana,
ne hanno diritto in quanto sono figli di Dio che si abbandonano interamente
alle esigenze del suo amore.
Tra gli ostacoli all’evangelizzazione ci limiteremo a
segnalare la mancanza di fervore,tanto più grave perché nasce dal di dentro.
Essa si manifesta nella stanchezza, nella delusione,
nell’accomodamento, nel disinteresse e, soprattutto, nella mancanza di gioia e
di speranza.
Noi esortiamo tutti gli evangelizzatori ad alimentare il
fervore dello Spirito. Questo fervore esige prima di tutto che ci sappiamo
sottrarre agli alibi che possono sviare dall’evangelizzazione.
Si sente dire spesso: imporre una verità, sia pure quella
del vangelo, imporre una via, sia pure quella della salvezza, è una violenza
alla libertà religiosa.
E aggiungono: perché annunciare il vangelo dal momento che
tutti sono salvati dalla rettitudine del cuore?
Sarebbe un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri
fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in
Gesù Cristo con piena sicurezza e nel rispetto assoluto delle libere scelte,
non è attentato alla libertà religiosa, ma un omaggio a questa libertà, alla
quale viene offerta la scelta di una via che gli stessi non credenti stimano
nobile ed esaltante. È dunque un crimine contro la libertà altrui proclamare
nella gioia, una buona novella che si è appresa per misericorda di Dio? E
perché solo la menzogna e l’errore, la degradazione e la pornografia avrebbero
il diritto di essere proposti e spesso, purtroppo, imposti dalla propaganda
distruttiva dei mass-media, dalla tolleranza dei buoni e dalla temerità dei
cattivi? Questo modo rispettoso di proporre il Cristo e il suo regno più che un
diritto è un dovere dell’evangelizzatore. Ed è un diritto degli uomini suoi
fratelli di ricevere da lui l’annuncio del vangelo di salvezza.
Questa salvezza Dio la può compiere in chi egli vuole
attraverso vie straordinarie che solo lui conosce. Però non dimentichiamo che
il Figlio di Dio è venuto apposta per rivelarci, con la sua parola e la sua
vita, i sentieri ordinari della salvezza. E ci ha ordinato di trasmettere agli
altri questa rivelazione con la sua stessa autorità.
Ogni cristiano approfondisca nella preghiera questo
pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia
di Dio, anche se non annunciamo loro il vangelo; ma potremo noi salvarci se,
per negligenza, per paura, per vergogna o in conseguenza di idee false,
trascuriamo di annunziarlo? Sarebbe tradire la chiamata di Dio che per mezzo
dei ministri del vangelo vuol far germinare la semente; dipende da noi che
questa diventi un albero e produca tutto il suo frutto.
Conserviamo dunque il fervore dello spirito. Conserviamo la
gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. Possa il
mondo del nostro tempo che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza,
ricevere la buona novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati,
impazienti e ansiosi, ma da ministri del vangelo la cui vita irradi fervore,
che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia di Cristo, e accettino di
mettere in gioco la propria vita affinchè il regno di Dio sia annunciato e la
chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.
Una moltitudine di fratelli cristiani e non cristiani
attendono dalla chiesa la parola della salvezza.
Nel programma di azione pastorale della chiesa
l’evangelizzazione è l’aspetto fondamentale per questi anni che segnano la
vigilia di un nuovo secolo, la vigilia anche di un terzo millennio del
cristianesimo.
La santissima Vergine Maria, al mattino della Pentecoste, ha
presieduto con la sua preghiera all’inizio dell’evangelizzazione sotto l’azione
dello Spirito Santo; sia lei la stella della evangelizzazione sempre rinnovata
che la chiesa, docile al mandato del Signore, deve promuovere e adempiere,
soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza!
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