Famiglia dove sei???

Famiglia dove sei???
Quando non divulghi le colpe dei fratelli, quando perdoni senza indagare nel passato, quando non condanni, ma intercedi nell'intimo, il silenzio è misericordia.

mercoledì 12 ottobre 2011

La Comunità Apostoli del Signore




AMO LA MIA COMUNITÀ?

    " La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea , la Galilea e la Samaria ; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo." (Atti 9,31).

    La Comunità locale si distingue da tutte le associazioni di carattere culturale e religioso. Essa non è un club religioso, né un'istituzione umana, ma un organismo vivente edificata dal Signore stesso mediante l'opera dello Spirito Santo. Non è un'organizzazione umana, ma una comunità di credenti che si amano e si radunano nel nome del Signore per lodarLo, glorificarLo e servirLo e che hanno un solo scopo: adempiere al mandato di Cristo Gesù: "Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato."
    Tutto questo dimostra l'importanza della Comunità locale, la necessità di frequentarla assiduamente, di amarla e di impegnarsi in essa: "Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone, senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina." (Ebrei 10,24-25).
    I credenti che vivono ai margini della comunità e che frequentano saltuariamente le riunioni, senza essere coinvolti nella vita della chiesa, non cresceranno e non matureranno mai completamente né saranno usati dal Signore nell'opera Sua. 
    L'individualismo e l'isolamento spirituale sono pericolosi e contrari all'insegnamento biblico: "Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto." QOELET 4:9-12).
    Alla luce di tutto ciò è comprensibile che ogni credente "convertito" deve poter affermare: "Io amo la mia Comunità", ma oltre che dirlo deve dimostrarlo.
Nella nostra Comunità ci sono:

    - Credenti che considerano la comunità quasi come un club dove ognuno può fare quello che vuole;
    - Credenti che desiderano ricevere sempre considerazione ed affetto dagli altri, ma che non sono disponibili a dare qualcosa di sé ed a donarsi per i propri fratelli;
    - Credenti indipendenti ed individualisti che non hanno afferrato che cosa voglia dire essere solidali e coinvolti nella vita della chiesa, nel servizio e nella testimonianza.
    La chiesa del Nuovo Testamento, pur non esente da problemi, era formata da credenti ripieni dello Spirito Santo che studiavano e meditavano la Parola ed avevano una vita di preghiera individuale e comunitaria. Essi conducevano una vita familiare coerente, avevano una testimonianza efficace ed erano conquistatori d'anime per Cristo. Tutti erano impegnati nell'evangelizzazione e nelle cose pratiche. Cercavano e promuovevano la comunione fraterna e l'unità. 
    Realizzavano la presenza del Signore in mezzo a loro, la guida dello Spirito Santo nel radunamento, il sacerdozio di tutti i credenti e l'esercizio di doni spirituali. Le nostra comunità devono rispecchiare questo modello. 
    Vorrei esaminare alcuni aspetti per i quali ciascun credente può dire di amare la sua comunità:
IO AMO LA MIA COMUNITÀ, PERCHÉ QUI POSSO CRESCERE
    La crescita e lo sviluppo della comunità dipendono dalla crescita d'ogni membro di essa. Nel corpo umano tutte le membra crescono insieme e contemporaneamente.
    Immaginate se per assurdo dovessero crescere più le braccia che il resto del corpo oppure maggiormente le orecchie o il naso, o la bocca o i piedi. Sarebbe un corpo goffo. Un corpo deve crescere in modo armonico e fisiologico. Così deve essere nella comunità. Il ritardo nella crescita di un membro si ripercuote sulla testimonianza collettiva: "dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità." (Efesini 4,16).
    La comunità si svilupperà, raggiungerà la maturità nella misura in cui tutti i suoi membri crescono e si sviluppano. Tutti quindi siamo coinvolti. La nostra vita spirituale non riguarda solo noi, non è solo un affare personale, ma riguarda tutta la comunità. 
    Bisogna comprendere cosa significa essere dei veri discepoli di Cristo; discepoli che hanno un supremo amore per Cristo, pronti al sacrificio di sé, a morire a se stessi, alla rinuncia ed alla sofferenza: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo."" (Luca 14,26-33).
    Naturalmente per essere discepoli, bisogna essere disponibili ad imparare con umiltà. Quanti membri di Comunità deboli, malfermi, rachitici, che invece di contribuire alla crescita della stessa, sono un peso! Quanti compromessi, quanta superficialità, quanta mediocrità, quanta carnalità, quante rivalità, quante tensioni, quante incomprensioni, quanta apatia, quanta mondanità, quanta miseria spirituale, quante situazioni contorte e sbagliate a volte si vengono a creare. La nostra comunità ha un urgente bisogno di credenti maturi, santi, separati dal male, che non siano sballottati qua e là da ogni vento di dottrina, ma che siano in grado di aiutare gli altri. 
    Dio non vuole che rimaniamo bambini, ma desidera che cresciamo in ogni cosa verso colui che è il Capo, Gesù Cristo. La Comunità  ci offre il cibo adatto per questa crescita: "finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinchè non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo," (Efesini 4,13-15).
    L'imperativo per ogni credente rimane: "Crescere": "ma crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell'eternità. Amen!"  (2Pietro 3,18).
    Per crescere, dobbiamo nutrirci della Parola di Dio e questo avviene a livello personale ma soprattutto a livello comunitario: "come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore." (1Pietro 2,2-3).
    Dobbiamo meditare e studiare sistematicamente la Parola, non solo per una semplice conoscenza intellettuale, ma per metterla in pratica: "Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto; poiché allora tu porterai a buon fine le tue imprese e avrai successo." (Giosuè 1,8).
    Meditazione e pratica devono andare insieme, come c'insegna la vita di Esdra. Egli aveva applicato il suo cuore allo studio ed alla pratica della legge di Dio: "Infatti Esdra si era dedicato con tutto il cuore a studiare la legge del Signore e a praticarla e ad insegnare in Israele la legge e il diritto." (Esdra 7,10).
    Nella comunità , insieme a tutti coloro che hanno lo stesso desiderio, oltre che ascoltare la Parola di Dio, possiamo trascorrere del tempo nella preghiera, nell'adorazione e nella comunione con Dio, lontani da distrazioni che talvolta c'impediscono di realizzare una comunione intensa con il Signore. Per questa ragione io amo la mia comunità.
IO AMO LA MIA COMUNITÀ' E MI IMPEGNO PER ESSA
    Servire è la responsabilità d'ogni vero credente. A volte guardiamo al servizio come ad un peso a qualcosa d'opprimente. L'apostolo Paolo lo considerava, invece, come una gioia ed un privilegio: "Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l'eredità. Servite a Cristo Signore. " (Colossesi 3,23-24).
    Il servizio non é facoltativo, ma spontaneo: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda." (Giovanni 15,16).
    Il Signor Gesù è il modello. Egli è stato il Servitore perfetto. Pur essendo il Signore del cielo e della terra, accettò di farsi servo: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. " (Filippesi 2,5-8).
    Egli poteva dire: Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.(Luca 22,27).
    Egli è venuto non per essere servito, ma per servire: "appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti»." (Matteo 20,28).
    Noi dobbiamo fare la stessa cosa. Servire non significa mostrare un certo attivismo, fare quello che ci piace, ma sottometterci a Dio in ogni cosa e fare la Sua volontà. Nel servizio è necessaria la perseveranza anche di fronte agli ostacoli, all'opposizione, alle incomprensioni ed alle contrarietà. Servire costa sacrifici, rinuncia, fatica e sofferenza.
    Nella comunità non vi é posto per l'autosufficienza. Dobbiamo aver rispetto l'uno dell'altro. Anche il credente più umile, anche l'ultimo arrivato, ha una funzione necessaria da svolgere nella comunità.
    Nella comunità non vi è nemmeno posto per l'autodisprezzo. Molti credenti dicono di non sapere fare nulla ma ciò è sbagliato, perché se siamo dei credenti, abbiamo ricevuto almeno un dono spirituale. Dobbiamo avere un concetto sobrio di noi stessi: "Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.

La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità.

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. (Romani 12,3-16).
    Dio non dà la gloria a nessuno e non si serve degli orgogliosi. Dobbiamo rinunciare al nostro io, alla nostra volontà indipendente, alla nostra ambizione, al desiderio di metterci in mostra. Un servizio fatto in uno spirito d'indipendenza e d'individualismo, anziché di comunione con la Comunità, non sarà benedetto
    Per servire con gioia, inoltre, non bisogna dare spazio a sentimenti di amarezza, di critica, di malcontento e di incomprensione, che possono sorgere quando si lavora insieme. Si può fare molto per il Signore solo quando c'è amore, armonia, rispetto, pace, dolcezza, sottomissione, umiltà e comunione.
    Come avviene nel corpo fisico, ogni membro ha una sua funzione da svolgere. Lo Spirito Santo accorda i suoi doni come Egli vuole: "Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole." (1Corinzi 12,11). 
    È Dio che ha collocato nel corpo ciascun membro come ha voluto: "Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. " (1Corinzi 12,18).
    Siamo chiamati a ricercare i doni non a sceglierli. Dobbiamo accettare con gioia il posto ed il compito che Dio ci ha assegnato, senza avere complessi di inferiorità o invidia e gelosia per un fratello. L'unità del corpo non significa uniformità. Vi sono diversi doni e ministeri nella chiesa, come nel corpo umano ogni organo ha la sua funzione: "Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore;vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti....Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato?  " (1Corinzi 12,4-6,17).
    Se tutti avessimo lo stesso dono avremmo un corpo handicappato. Perché il corpo possa crescere e svilupparsi fino alla maturità tutti devono servire gli uni gli altri. Abbiamo bisogno gli uni degli altri: "Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie....Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi»." (1Corinzi 12,22-21).
    Dobbiamo guardarci dalla pigrizia. Nel corpo umano se un organo è malato e non funziona, tutto il corpo ne risente. Se un braccio non funziona, l'altro deve fare un lavoro doppio. Così é nella comunità; se un credente è pigro, gli altri devono lavorare anche per lui. Io sono convinto che nessun credente che vuole fare la volontà di Dio sarà disoccupato, perché non troverà nulla da fare. Vi è lavoro per tutti nell'opera del Signore. Molte tensioni nelle comunità sono causate da fratelli che, o non vogliono lavorare, oppure non accettano il ruolo ed il posto che Dio ha assegnato loro nella comunità, ma al contrario desiderano fare quello che a loro piace, anche se non ne hanno la capacità. 
    Davanti al tribunale di Cristo renderemo conto di come abbiamo trafficato i talenti che il Signore ci ha affidato e di come abbiamo utilizzato il nostro tempo: "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male." (2Corinzi 5,10).
IO AMO LA MIA COMUNITÀ, PERCHÉ POSSO REALIZZARE LA COMUNIONE FRATERNA
    Dio vuole la "koinonia" nella chiesa: "dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità." (Efesini 4,16).
    Gesù prima di morire pregò il Padre per una vera unità tra i suoi. La vera unità non è quella puramente organizzata ed esteriore, creata dagli sforzi degli uomini; non si tratta dell'ecumenismo tanto di moda oggi, ossia del tentativo di unire tutte le religioni e le chiese in un grande calderone. L'unità di cui Gesù parlò è quella creata dallo Spirito Santo. Essa è in Cristo; se siamo uniti a Lui, saremo uniti anche fra di noi. Noi abbiamo la responsabilità di conservarla: "cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace." (Efesini 4,3).
    Siamo chiamati a realizzare una calda e forte unione fraterna. Comunione significa mostrare il nostro amore l'uno verso l'altro, condividere le gioie ed i dolori, avere cura gli uni degli altri: "Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. " (1Corinzi 12, 26).
    I primi cristiani godevano di una forte comunione fraterna. Essi si radunavano, pregavano e studiavano la Parola insieme, condividevano il ministerio dei doni, adoravano il Signore, rompevano il pane e prendevano il cibo insieme. Poi andavano nel mondo pieni d'amore, per rendere la loro testimonianza. La chiesa primitiva, per raggiungere il mondo, usava 
    l'annunzio del vangelo e la comunione fraterna. I pagani potevano rigettare la loro predicazione, ma non l'evidenza della loro comunione, la quale era cosi forte, che indusse uno scrittore pagano ad esclamare: "Ma come si amano questi cristiani". Noi dobbiamo godere di questa comunione. Il mondo crederà che Cristo è stato mandato dal Padre, ossia che veramente è il Figlio di Dio, se vedrà i credenti effettivamente uniti e che si amano profondamente. Non possiamo pretendere che il mondo ascolti la nostra predicazione, se non mostriamo una profonda unità fra di noi!
    Ci sono cose che rovinano questa comunione fraterna. Vediamone alcune:
- L'orgoglio: "L'orgoglio divide, l'umiltà unisce". Siamo chiamati a non fare nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma a stimare gli altri più di noi stessi.
- La maldicenza. La Parola di Dio giudica in modo chiaro e condanna nettamente i maldicenti: "Mi raccomando poi, fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro." (Romani 16,17).
    La Scrittura ci esorta a separarci dai maldicenti: "Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. " (1Corinzi 5,11).
    La lingua é un piccolo fuoco che accende una grande foresta. È un male senza posa, piena di mortifero veleno, che se non è eliminato subito infetta tutti i membri dell'assemblea e distrugge la comunione fraterna.
- Il malcontento ed i mormorii. Vi sono dei credenti che o fanno quello che piace loro, oppure incrociano le braccia, mostrando malcontento e mormorando. Non siamo chiamati a fare quello che ci piace, ma solo quello che il Signore ed i fratelli ci dicono di fare, a seconda dei doni che Dio ci ha dato. Un fratello scontento e mormoratore, se non è bloccato in tempo, infetterà tutta la comunità e guasterà l'armonia e la pace.
COSE CHE RAFFORZANO LA COMUNIONE
- L'amore. Nella comunità deve regnare l'amore. L'amore fraterno non dipende dal fatto che abbiamo le stesse idee ed abitudini, ma dall'amore di Dio che è stato sparso nei nostri cuori: "La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato." (Romani 5,5).
    Il mondo conoscerà che siamo dei cristiani dall'amore; possiamo convincere il mondo che Cristo é una realtà vivente, solo amandoci gli uni gli altri. Il vero amore perdona, copre, non rivela ad altri il peccato del fratello, ma ne parla solo con l'interessato. L'amore non è geloso, non invidia, non cerca il proprio interesse: "La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà." (1Corinzi 13,4-8).
    Quando regna un vero amore, allora si ha il desiderio di condividere i bisogni e le benedizioni, le gioie ed i dolori. Inoltre i credenti non si giudicano, non si divorano, non mentiscono e non parlano male gli uni degli altri. Al contrario si accolgono a vicenda, sono gentili, si sopportano con amore, si sottomettono gli uni agli altri e si esortano a vicenda.
    - Il servire gli uni agli altri: "Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. " (Galati 5,13).
    L'amore implica il servizio. Dobbiamo guardarci da un amore teorico, fatto solo di parole, ma dobbiamo servire in concreto i nostri fratelli. Servire, però, costa sacrifico Non c'è amore senza servizio e non c'è servizio senza sacrificio.
- Portate i pesi gli uni degli altri: "Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo." (Galati 6,2).
    Per poter portare i pesi, dobbiamo condividerli con gli altri credenti. Dobbiamo favorire con ciò i nostri incontri.
- Pregare gli uni per gli altri. Portare i pesi implica non solo spendere del tempo con le persone per capire i loro problemi ed aiutarle, ma anche pregare per loro. Non pregare gli uni per gli altri é peccato: "Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro il Signore, tralasciando di supplicare per voi e di indicarvi la via buona e retta." (1Samuele 12,23).
    Grandi  uomini di Dio  usavano salutare i loro amici con questa espressione: "Ti incontrerò nella preghiera". E noi incontriamo i nostri fratelli nella preghiera?
    Io amo la mia comunità, perché qui incontro il Signore, ascolto la Sua Parola, posso crescere e godere della comunione fraterna, per questo desidero impegnarmi per essa sempre di più.


CONCLUSIONE
    Il Cristiano solitario non è mai un ideale biblico. Dio non salva degli individui ma persone che dipendono le une dalle altre in seno a una comunità. Io amo la mia comunità. E tu?

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